Le parole sono importanti, ma i fatti contano di più

Mauro Carturan
3 min readMar 26, 2021

Scrivere è parte del mio lavoro, come quasi tutti noi, e mai come oggi mi rendo conto di quanto sia importante fissare i concetti, scriverli per non farli sfuggire.

Nel lavoro, soprattutto quello creativo, è importante prendere appunti per non farsi scappare quella scintilla scoccata all’improvviso; come essere umano, certi pensieri, profondi e significativi, sarebbe bene appuntarseli per scriverli poi in bella e condividerli, per far riflettere anche gli altri.

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A questo dovrebbero servire i blog, i social network e tutte le varie piattaforme di publishing, come Medium.

Condividere pensieri, osservazioni critiche, esperienze, non solo foto di gattini e selfie. Qual è l’utilità di avere a disposizione un canale globale di comunicazione come Internet per poi usarlo così male, senza pensare ai concetti di valore e utilità, per sé stesso e per gli altri?

E quindi scrivere diventa quasi un dovere oltre che un piacere.

A chi è capitato di passare dallo studio di uno psicologo, sarà successo di parlare della scrittura come metodo per conoscersi, per far uscire i propri pensieri e, nel caso dell’ansia, per liberarsene. Conservare gli scritti dei momenti più bui è un modo per lasciare a se stessi una traccia delle proprie inquietudini, da una parte, e per rendersi contro del proprio percorso di crescita, dall’altra.

Guardando indietro, può anche succedere di non rileggere più quelle pagine, ma restano lì, come il ritratto di Dorian Grey del nostro lato nascosto.

Scrivere serve, le parole servono, ma i fatti contano di più.

Siamo circondadi di persone che ci parlano bene, imbonitori che ci convincono a lavorare per loro, a comprare un prodotto, a votare per un partito, a pensare nel loro stesso modo. Poi però in quell’azienda mi trovo male, quel telefonino non funziona come dovrebbe, quel politico non aiuta le persone come ha promesso e le mie idee non sono più quelle di prima, mi accorgo di aver sbagliato. In buona fede, certo, ma ho comunque sbagliato.

Stare attenti a come usiamo le parole è una scelta, è una questione di come vogliamo costruire una relazione con chi ci legge e ci ascolta. Come vogliamo essere percepiti, come persone gentili? Sincere? Oppure come qualcuno che ci sta provando, che dice e scrive qualcosa ma poi ha in mente altro, un secondo fine?

Ci vuole coerenza tra quello che si dice e quello che si fa, e quella la si può ottenere solo con i fatti.

Sono belle le parole, sono un modo di fare breccia nei muri prima che vengano buttati giù. Le picconate però alla fine bisogna darle, i mattoni non cadono da soli.

Se un’azienda mi fa innamorare del suo brand con la comunicazione, le immagini, gli slogan e la promessa di prodotti fatti per un’umanità migliore in un mondo migliore, mi aspetto che faccia qualcosa di reale e concreto in quella direzione, non mi basta il cinema messo in piedi dal marketing.

Non me ne frega niente di lavorare in un posto con le poltrone colorate e il bigliardino in sala mensa, se poi mi tratti male o mi paghi quanto e quando vuoi.

Call to action, invito all’azione

Passiamo finalmente ai fatti, all’azione, quella che cambia le cose nella vita reale, non in quella virtuale. Lo scrittore Alessandro Baricco dice che:

Ci sono i fatti e poi c’è quello che chiamiamo storytelling. Se dalla realtà tolgo i fatti, quello che rimane è storytelling”.

Ecco, mi pare che a furia di costuire storie che affascinano e servono a convincere e vendere, stiamo perdendo il senso della realtà. Tutta questa creatività spesa nella comunicazione e nella pubblicità non potrebbe essere messa al servizio del bene comune?

Passiamo sei ore al giorno, sei-ore-al-giorno, chini su dispositivi tecnologici di vario genere, dalla TV allo smartphone, dal tablet al computer. Se abbiamo un lavoro gli dedichiamo almeno otto ore al giorno; poi dormiamo, mangiamo e… Cosa rimane? Dov’è la vita?

Andiamo avanti pure a discutere, a parlare e scrivere, lo faccio anch’io e mi piace molto condividere e confrontarmi. Ora però servono anche e soprattutto i fatti e le azioni, non ci possiamo aspettare che l’inquinamento diminuisca da solo, che il rispetto per la diversità aumenti o che le persone vengano trattate da persone anche sul posto di lavoro senza una (re)azione.

Le parole sono importanti, sono i pilastri del pensiero, ma da sole non bastano. Serve agire in modo concreto, servono i fatti.

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Mauro Carturan

Content Manager Freelance, papà e idealista. Provo a dare il mio contributo per un mondo migliore.